La biografia di Placido Martini (1879 – 1944) ci fa rivivere un periodo storico e politico, che va dal pre-fascismo al post-fascismo, dei più complessi per la formazione della Repubblica italiana. Inoltre, considerata l’appartenenza del martire delle Fosse Ardeatine, oltre che al socialismo riformista, alla massoneria del Grande Oriente d’Italia, viene redatto un quadro puntuale e documentatissimo di ciò che era alla fine dell’Ottocento inizio del Novecento la vita politica dell’epoca connessa con la massoneria italiana, la quale, a differenza delle spinte ideologiche dei partiti che avevano combattuto il fascismo e che faranno presto nel ricompattarsi e trovare le loro radici nel dopoguerra, essa non riuscirà a ritrovare se stessa e la propria spinta vitale che era stata il cemento politico post risorgimentale atto a costruire, insieme ai liberali, ai repubblicani e socialisti riformisti, la spina dorsale dell’Italia fino al periodo giolittiano.
La vita di Placido Martini fu avventurosa ad iniziare dalla sua adesione giovanissima alla legione garibaldina a Domokòs in Grecia per la liberazione di questa dall’Impero Ottomano, sotto il comando di Ricciotti Garibaldi. Fu la prima occasione d’incontro con Fratelli quali Ettore Ferrari, uno degli organizzatori della spedizione, Amilcare Cipriani, Giuseppe Evangelisti, Antonio Fratti…Nel 1904 sarà iniziato alla loggia “Roma” nella Capitale con già alle spalle l’impegno politico, quale sindaco del suo paese di nascita, Monte Compatri, un Comune dei Castelli Romani. La sua formazione politica era quella di socialista riformista, ma come scrive l’Autore nella introduzione: “Martini fu socialista e fu massone, ma né il socialismo né la massoneria riuscirono mai ad ingabbiarlo in un sistema chiuso, fatto di liturgie e gerarchie….”. Sicché si scontrerà presto con gli ortodossi del suo partito dimostrando di essere sempre stato uno spirito libero. Una testa pensante e pur intransigente su dati valoriali suoi propri, sempre teso a trovare però il punto di contatto, di mediazione fra opposti fronti. Mai domo, al confino di Ponza, ove con il Gran Maestro Torrigiani e altri Fratelli lì confinati aveva costituito la loggia “Carlo Pisacane”, e successivamente trasferito al confino a L’Aquila fino al 1943, continuò l’opposizione al regime fino al suo ritorno a Roma, sempre sorvegliato speciale del fascismo. Nella capitale cercò subito di ricostruire una forza politica partigiana e unitaria per abbattere le ultime vestigia del fascismo e liberare l’Italia dai tedeschi. Dopo l’8 settembre Mauro Magri, altro Fratello confinato dal fascismo per ben 17 anni, rientrò clandestinamente a Roma con l’intenzione di impegnarsi nel nascente movimento di Resistenza, raggiunto presto dalla moglie Rita, organizzò assieme ai vecchi compagni di confino quali Placido Martini e Silvio Campanile, tutti e tre uccisi dai tedeschi alle Fosse Ardeatine, e a molti altri il Fronte Unione Nazionale, che pubblicava un giornale clandestino con lo stesso nome e organizzava delle formazioni costituite da militari sbandati e da cittadini. Martini divenne il capo politico del movimento mentre Magri ne fu il capo militare, incaricato anche di mantenere i contatti con le altre organizzazioni della Resistenza romana. Contemporaneamente Martini risvegliò l’assonnata massoneria anche ricorrendo ai Fratelli ferani, i quali lo vollero riconoscere, valutandone il valore ed il coraggio, loro Fratello, senza che abbia mai abiurato al GOI, come l’Autore mette bene in luce con documenti inoppugnabili.